E’ allarme anisakis in Molise: le avvertenze dei medici dell’ospedale di Termoli per evitare l’infezione da consumo di pesce crudo

La frequenza di pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso dell’ospedale San Timoteo di Termoli con infezione da anisakis è costante, stimabile in circa un caso al mese nell’ultimo periodo. È per questo che gli operatori sanitari del reparto hanno deciso di mettere in guardia i cittadini e di fornire loro consigli utili per evitare l’ingestione di questa larva che si trova in pesci (specie pesce azzurro) e molluschi crudi o poco cotti. “I pazienti che si sono presentati in ospedale a causa dei forti sintomi riguardano soprattutto persone che hanno mangiato alici marinate. Va detto però che né il limone, né il sale, né olio e aceto, né l’affumicatura da soli hanno alcun effetto sull’anisakis. L’unico modo per non rischiare è consumare pesce che è stato precedentemente congelato o abbattuto”.I sanitari commentano così la casistica: “Registriamo una sorta di retaggio, legata probabilmente al vivere in una città di mare, e una non corretta educazione alimentare”. La sintomatologia acuta è in genere caratterizzata da dolori addominali, febbre, nausea, vomito e reazioni allergiche come l’orticaria. L’orticaria – sintomo tra i più frequenti e notati nella casistica termolese – può durare anche uno o due mesi. L’anamnesi per questo tipo di infezione non è affatto semplice, anche perché spesso le persone si presentano in ospedale a distanza di settimane dall’ingestione dell’alimento portatore di anisakis. Attenzione poi perché “l’aspetto più pericoloso di questo verme è che ha la capacità di perforare le pareti intestinali e dunque migrare anche in altri organi provocando danni di entità variabile che possono anche provocare la morte”. Ascessi, peritoniti, pancreatiti: sono casi in cui si può rendere necessario un intervento chirurgico. “Uno degli ultimi casi che abbiamo avuto qui a Termoli riguarda una donna che aveva gli stessi sintomi dell’appendicite.Per fortuna non è stato necessario alcun intervento. Ma il decorso – specie se è necessario intervenire chirurgicamente – è piuttosto lungo” (La Presse)

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